RIVISTA
STORICA VIRTUALE
NÓMOS GEOGIKÓS
ΝΟΜΟΣ
ΓΕΩΡΓΙΚΟΣ
di
Leone III Isaurico
* * *
(tutti i diritti
riservati con divieto di riproduzione,
consentita solo se è pubblicato l’intero testo
con
l’intestazione della Rivista e collegamento )
a
cura di
MICHELE
ENRICO PUGLIA
Promulgato da Leone III (675-741) e
Costantino V (718-775) (v. Articoli: I mille anni dell’impero bizantino, P.VI) il nòmos georgikòs costituisce la base del
“diritto agrario” che si svilupperà nei secoli successivi fino ai nostri giorni.
Esso si era reso necessario durante il basso impero, particolarmente per regolare
i rapporti dei coloni-prestatori di lavoro e proprietari-padronato, che fin da
quel tempo avevano bisogno di essere regolarizzati con una specifica normativa.
La legge in ogni caso non costituiva una
vera e proprie riforma in quanto le norme che furono
inserite non erano altro che la elaborazione di una normativa consuetudinaria
precedente, con influenze non solo romane (riferimento alla legge Aquilia:pagamento del doppio del danno), ma barbariche
(Editto di Rotari, lex Burgundiorum, Visigotorum, lex Salica) e risentiva in
particolare del carattere primitivo determinato dalla introduzione di pene
corporali, quali la fustigazione nei casi di furto, ma anche l’accecamento e il
taglio della lingua in caso di spergiuro; nel caso di danni alla vigna o al
frutteto, il taglio delle mani; nell’incendio doloso il marchio sulla mano o il
taglio delle mani o la morte sul rogo e per chi entrava con forza in un campo
altrui il taglio della testa. La pena più mite è costituita dalla “maledizione
di Dio” per chi non divide secondo la legge (art. 21T.I).
Questa legge ebbe i suoi effetti quasi immediati in Russia
dove nel IX sec. si costituirono i Mir,
con la proprietà collettiva (obščina) di
contadini organizzati in una forma di comunismo agrario (art. 17 del Titolo I; e
art. 6 del Titolo X) e influirà sulle varie legislazioni slave con particolari influenze
in Moldavia e Valacchia nella codificazione operata da Basilio Lupo e Matteo Banaraba nel sec. XVII che introdussero il nòmos come legge
dello Stato, e ancora in Russia attraverso la riforma agraria operata da
Alessio II, con l’abolizione della servitù della gleba (tra il 1860 e il 1890),
finì poi nella riforma operata dalla rivoluzione comunista con le aziende
agricole collettive.
Il nòmos
ebbe anche influenze nelle legislazioni italiane, dei
Comuni in epoca comunale, sulla istituzione delle decime ecclesiastiche, con strascichi
che durano tutt’ora (si pensi al Comun
Comunale tridentino).
SOMMARIO
Premessa; Titolo I: Degli agricoltori;Coloni parziari; Mezzadri; Titolo II: Del Furto; Titolo
III: Dei Bovari; Titolo IV: Del danno dato agli animali; Titolo V: Del
danneggiamento; Titolo VI: Della morte degli animali; Titolo VII: Degli
alberi;Titolo VIII: Dell’incendio;Titolo IX: Degli Schiavi; Titolo X:
Costruzioni e piantagioni nuove.
PREMESSA
I. - Noi
acquistiamo la proprietà sulle cose o secondo la legge naturale vale a dire
secondo il diritto delle genti o in virtù della legge vile. Infatti
tutti gli animali della terra del mare e dell'aria diventano proprietà di
coloro che li catturano. Ciò che non è di nessuno, diventa proprietà di chi
l'occupa, eccetto che costui abbia spontaneamente desiderio di rilasciarlo.
II. - Se uno caccia sul terreno altrui, la preda appartiene al cacciatore.
Tuttavia il possessore del fondo può vietare a chiunque l' accesso
in esso. La selvaggina diventa nostra se però non fugge; perchè se fugge in
modo da sparire dalla nostra vista o se !'inseguimento diventa difficile, cessa
di essere nostra. In conseguenza, se l'animale ferito
non è preso, cessa di essere di proprietà di chi l' ha ferito.
III. - Si acquistono in proprietà le api solo
quando ce ne impossessiamo. E legittimamente prendiamo i favi anche
sugli alberi altrui se il proprietario del terreno non ci proibisce di
entrarvi. Però lo sciame, che parte dal mio alveare è mio fin tanto che cade
sotto la mia vista e fintanto è possibile inseguirlo; in caso diverso è del
primo occupante.
IV. - I pavoni,
i piccioni, i cervi, sebbene abbiano l'abitudine di tornare, sono animali
selvaggi: dunque se, per quanto abbiano l'abitudine di tornare non la
mantengono, appartengono al primo occupante.
V. - Se le oche
domestiche e i polli fuggono e un altro li prende per suo profitto, costui è
responsabile di furto.
VI. - Diviene proproprietario delle monete gettate da chicchesia
per liberalità e degli uccelli lasciati liberi chi li prende.
TITOLO I
DEGLI AGRICOLTORI.
l. - Bisogna che
l'agricoltore nel lavorare il suo campo sia giusto e non oltrepassi i confini
del suo vicino. Ma, se uno, oltrepassandoli, invaderà e diminuirà la parte
confinante, se fa ciò nell’arare, egli perda il lavoro; ma, se egli ha compiuto
questa usurpaziorie con le sementi, il lavoratore
usurpante perda e la semente e le fatiche ed i frutti.
2.- Se un
coltivatore, senza che il proprietario del terreno lo sappia, vi entra a
lavorarlo o a seminarIo, egli non abbia per il suo lavoro o per la sua fatica nè il prodotto a compenso della semente, nè il grano che ha sparso.
3. - Se due
agricoltori combinano tra di loro di permutare delle
terre prima del tempo della semina ed uno dei due voglia rescindere l' accordo
se è già seminato il grano, la recissione non può
aver luogo, ma se il grano non è stato sparso, possono rescindere. Però, se
quello che vuole rescindere, non ha coltivato e l'altro sì, coltivi anche
quello che vuol rescindere e dopo abbia luogo la recissione.
4. - Se due
agricoltori hanno combinato di permutare delle terre davanti
a due o tre testimoni e l' abbiano
stabilito per sempre, la permuta rimane
ferma ed irrevocabile.
5. - Se due
agricoltori permutano delle terre o a tempo determinato o per sempre ed una
delle parti risulti minore dell'altra e non abbiano fissato in quel modo, chi
ha avuto di più dia a quello che ha avuto di meno un compenso, ma, se hanno
combinato in quel modo, non si faccia luogo a conguaglio.
6. - Se un
agricoltore, che ha una lite per un terreno, vi entra contro la volontà di chi
l' ha seminato e, senza aspettare il giudizio, miete, se ha diritto, non deve
aver niente del raccolto, ma, se a torto, ha iniziato la lite, egli deve
restituire il doppio di ciò che ha raccolto.
7. Chi taglia un
bosco altrui all' insaputa del proprietario mettendolo
in coltivazione e seminandolo, non deve avere niente del prodotto.
8. - Se, fatta
una divisione, si è lesa una delle parti o per i terreni seminativi o per
quelli non sistemati, si può rescindere la divisione eseguita.
9. - Se due
villaggi si contendono o per un confine o per un terreno, i giudici esaminino
la cosa riconoscendo il
diritto a chi ha posseduto più di un anno. Ma se il confine è
antico, questo confine antico sia intangibile.
10. - Se uno,
prendendo da un agricoltore, che è impoverito per seminarIo, un terreno e nel combinato ha stabilito
soltanto di ararlo e dividere, il contratto deve esser valido; ma se hanno
combinato anche la seminagione, per questo lato pure la convenzione è valida.
11. - Se un
agricoltore intraprendendo la coltivazione di un terreno piantato a viti o di
un terreno ha combinato col proprietario di esso e, prendendo
la caparra, avrà incominciato il lavoro e poi, pentendosi, lo avrà trascurato,
rifonda il giusto prezzo (reddito) del terreno o della vigna e restituisca
questo o il vigneto al proprietario.
12. - Se un
agricoltore mette a coltura il terreno boschivo di un altro, egli ne abbia i
frutti per tre anni e poi lo restituisca al proprietario.
13 - Se un
agricoltore, indebitandosi per coltivare il proprio fondo, se ne allontana e
fugge, coloro che chiedono il pagamento delle imposte prendano il terreno (in
amministrazione) senza acquisire il diritto; se l'agricoltore ritorna (potrà
essergli) inflitta un'ammenda o domandargli ciò che egli deve (un compenso).
14. - Se un
agricoltore abbandona il proprio fondo, coloro, che compiono in esso la coltivazione, paghino anno per anno in via straordinaria
i diritti al fisco e rimangano nel possesso del campo: in caso diverso essi
siano puniti con ammenda del doppio (della rendita).
15. - Chi riceve
un fondo per soddisfarsi degli interessi (del proprio credito), se è provato
che non ha riscosso i frutti più di sette anni il giudice faccia il conto a
partire dai sette anni e più e questa somma, che è stata riscossa, (la) inputi in conto del capitale.
16. - Se uno
passa per la strada e trova un animale ferito o morto e, avendone compassione, ne avverte il proprietario, se questi ha il sospetto che
costui sia l'autore del fatto, il primo giuri circa il ferimento e la morte e
non abbia alcuna responsabilità.
17. - Nessuno dia ricetto ad un contadino altrui
e, se lo ha ospitato, lo renda di nuovo al villaggio che costui ha
abbandonato. Se chi lo ha ospitato ha qualche ragione da far valere sia
valutata dal giudice. Se egli trascura ciò, sia tenuto a versare al fisco
18. - Se uno
prende in prestito un bove per lavorare e questo muore, i .Magistrati
esaminino la cosa: e se il bove è morto durante il lavoro per
cui fu preso a prestito, egli non abbia pena: ma se è morto in un lavoro
diverso, egli deve restituire per intero il bave (cioè un bove di forza, di età uguale).
19. - Se uno
prende un bove un somaro o un altro animale qualunque all'insaputa del
proprietario e se ne va per un affare, se l'animale muore per via costui deve
pagare la locazione di misura doppia e dare due per uno qualunque esso sia.
COLONI PARZIARI
20. - Se un colono parziario avendo eseguito la semina
porta via i covoni senza il consenso di chi ha dato il terreno, costui come
ladro sia privato di tutto il
raccolto.
21. - La parte del parziario sia nove covoni, la parte di
chi dà il terreno un covone. E chi dvide in modo
diverso sia maledetto da Dio.
MEZZADRI
22. - Se un
colono, presa una terra a mezzadria, non la lavora a tempo debito, ma getta
soltanto superficialmente la semente, costui non abbia niente del prodotto
perchè, mancando di parola, ha ingannato il proprietario del fondo.
23. - Se un
colono prende a mezzadria una vigna da un agricoltore
che si è impoverito, per coltivarla e non la coltiva come si deve, cioè non la
vanga non la sarchia nè la recinge, costui non riceva
nulla del prodotto.
24. - Se un
agricoltore, preso a mezzadria un campo di uno squattrinato, se ne pente prima
dell'epoca dei lavori e
ne dà avviso al proprietario del terreno che non lo può coltivare e se il
proprietario del campo non tien conto di qnesto avviso, il mezzadro non risponde delle conseguenze.
25. - Chi prende
a mezzadria il campo di un agricoltore assente e squattrinato e, pentendosene,
non lo lavora, costui deve dare il doppio del prodotto.
TITOLO II
DEL FURTO
1. - Se un contadino ruba durante la lavorazione della terra
uno zappone o una vanga e se qualche tempo dopo si scopre, costui deve pagare
al proprietario dell'arnese una piastra per giorno vale a dire12
parà. Lo stesso il ladro di una falce al tempo
della mietitura o di un pennato o di una scure al
momento del taglio del bosco e simili.
2. - Se uno ruba un campano d'un bove o di una pecora o di un
qualunque altro animale e poi venga scoperto, sia f'ustigato
come ladro; ma, se l'animale perisca, il ladro del campano ne paghi il prezzo.
3. - Se si trova un guardiano a rubare a
danno di chi lo incarica, egli sia privato del suo
salario e sia fortemente fustigato.
4. - Se si trova un pastore salariato
mentre toglie dalle pecore il sigillo del proprietario o a venderne il
latte, costui sia fustigato e perda il suo salario.
5. - Se si
sorprende uno a rubare uno sciame altrui, costui ne paghi il doppio del prezzo.
6. - Chi ruba un bave o un somaro ed è scoperto, deve pagare, dopo essere stato
fiagellato, il doppio ed anche l'importo del lavoro
dell'animale.
7. - Chi, per
rubare un bove, insegue la mandria che fugge e questa divenga preda delle fiere, sia accecato.
8. - Chi al
tempo della raccolta va a rubare covoni o legumi, abbia confiscata
la veste e venga fiagellato.
9. - Quelli che
sono entrati in vigne o giardini per mangiare qualche frutto, siano esenti da
pena; se invece sono presi a rubare siano fiagellati e
privati delle loro tuniche.
10. - Quelli che rubano un aratro, un vomere o un giogo,
siano sottoposti ad ammenda, a misura dei giorni calcolando ciascun giorno 12
parà.
11.- Chi ruba un carro di un altro o gli dà fuoco deve
pagarlo in quantità doppia.
12. - Chi è sorpreso in un magazzino di grano a rubare, se
è la prima volta, sia fustigato con cento colpi di
staffile ed emendi il danno del proprietario del grano; ma se è la seconda
volta che si fa sorprendere a farlo, dopo essere stato fustigato, emendi il
danno del furto in quantità doppia; se è la terza volta, gli sian tolti gli occhi.
13 - Chi ruba di notte il vino da una caraffa o dell' olio sia sottoposto alla pena dei ladri.
TITOLO lII
DEI BOVARI.
1. - Se un bovaro ha preso un bove, lo perde ed entro il
giorno stesso in cui il bove è perduto non ne dia avviso al proprietario «ho visto il bove
qui, o là ma non so poi che cosa ne sia avvenuto» costui ne risponda, ma se ha dato l'avviso,
sia esente da responsabilità.
2. - Se un bovaro ha preso la mattina un bove dall' agricoltore e lo ba
mischiato alla mandria ed accada che i lupi lo mangino, egli faccia vedere al
proprietario il cadavere della bestia e sia esente da responsabilità.
3. - Se un bovaro prende al
mattino un bove da un agricoltore e se il bove si aJlontana
dalla massa della maudria e allontanandosi entri
dentro a coltivati od a vigne e vi causi danno, il bovaro stesso risarcisca
tutto questo danno, ma non sia privato del salario.
4. - Se uu bovaro prende in
consegna un bove di un agricoltore e il bove sparisce, costui giuri nel nome
del Signore che egli non vi ha messo del dolo e che non ha concorso alla
perdita del bove e sia tolto da ogni responsabilità.
5.- Se un
bovaro prende in consegna da un agricoltore un bove non ammalato, ma bene in
gambe ed accada che l'animale si ammali o divenga cieco, costui giuri di non
avergli fatto cosa alcuna dolosamente e sia esente da ogni
responsabilità.
6. - Se un bovaro dopo la perdita di un bove o per ferita
o per cecità, avendo prestato giuramento, è convinto in seguito di spergiuro
dietro la testimonianza di due o tre persone degne di fede, gli si tagli la
lingua e si condanni al risarcimento del danno al proprietario del bove.
7. - Se un bovaro col bastone che ha in mano uccida o ferisca od accechi un bove, egli sia esente da
pena, ma abbia un' ammenda; ma, se lo colpisce con un sasso, sia senza pena.
Titolo IV
DEL DANNO DATO AGLI ANIMALI.
1. - Se qualcuno trova dentro una vigna, un campo od altro
tenimento un bove a far danno e non lo rimandi al
proprietario per richiedergli la perdita subita ed il ristoro del danno, ma lo
uccide o lo ferisce, egli renda bove per bove, somaro per somaro e simile per
simile.
2. - Se, trovando una giumenta sul tuo terreno, tu l' hai
cacciata a forza ed essa ha abortito, se tu l' hai colpita o volutamente l' hai
inseguita con energia, tu sei responsabile secondo la legge Aquilia; ma chi trova un cavallo a passare sui propri
terreni non lo deve nè fermare nè
inseguire furiosamente, ma deve trattarlo come se fosse proprio perchè egli ha azione davanti alla giustizia contro il
proprietario per il risarcimento del danno.
3. - Se un bove è trovato a far
danni e chi lo trova non lo rimanda al padrone, ma gli taglia le orecchie o lo
acceca o gli taglia la coda, il proprietario dell'animale non lo riprenda ma
abbia invece un bove sano in cambio di quello.
4°. Se uno trova un maiale una pecora, od un cane che faccia del danno e lo rimanda incolume al suo padrone una
prima volta e poi la seconda volta, avendo diffidato il proprietario, taglia la
coda all' animale o lo uccide non può esser tenuto passibile di pena.
5. - Se un bove, entrato in una vigna od in un frutteto
cade dentro la fossa della vigna o dentro la chiudenda del pomario
e vi muore, il proprietario della vigna e del frutteto non deve risponderne.
6. - Se un bove o un somaro volendo penetrare dentro una vigna o dentro un frutteto si infila in uno dei pioli
della chiudenda, il proprietario della vigna o del frutteto non deve
risponderne.
7. - Se uno in una prima o in una seconda occasione di danneggiamento
uccide un animale invece di rimandarlo al proprietario per avere il
risarcimento del danno, deve restituire ciò che ha ucciso, (un animale di eguale
qualità e peso).
8. - Se un agricoltore trova un bove altrui nella propria
vigna a far danno e non ne dà avviso al suo
proprietario ma nel volerlo fare uscire lo uccide o lo ferisce o lo fa rimanere
infilato sopra un piuolo, costui paghi per tutto ciò
un'ammenda.
TITOLO V
DEL DANNEGGIAMENTO.
1 - Se uno avendo mietuto il suo campo mentre ancora i
vicini non hanno mietuto il loro, fa entrare il suo bestiame e reca danno ai
vicini, egli sia colpito con 30 colpi di staffile e risarcisca il danno alle
parti lese.
2. - Se uno vendemmia la sua
vigna mentre non sono vendemmiate le parti degli altri, vi introduce il
bestiame proprio e reca danno ai vicini, sia fiagellato
con 30 colpi di fruste e risarcisca il danno.
3. - Chi senza averne diritto fa pascolare le mandrie su
terreno altrui è sottoposto alla legge Aquilia cioè
deve pagare il doppio del danno.
4. - Coloro che tengono misure di grano o di vino
falsificate, non rispondenti affatto alla misura data per tradizione, ma ne
fanno delle contraffazioni per averne un'utilità dolosa, sian
battuti gravemente come empi (violatori della pubblica fede).
TITOLO VI
DELLA
MORTE DI ANIMALI
1. - Se uno nel tagliare alberi nella selva, non prende
precauzioni, ma l'albero nel cadere uccide un bove, un somaro o un altro
simile, egli renda animale per animale.
2. - Se uno, tagliando un albero
in alto, getterà senza riguardo la sua scure e ucciderà una bestia altrui, egli
ne renda una simile.
3. - Se uno è andato per riprendere il
proprio bove o il proprio somaro e, nel separarlo (dalla mandria), separa anche
con esso un altro e non lo unisce al proprio, se si
perde o se è mangiato dai lupi, costui renda al proprietario in luogo del morto
un bove o un somaro. Ma se, dandone avviso al proprietario, lo avverte e gl'
indica il luogo, dichiarando che egli non può sorvegliarlo, egli non incorre
in responsabilità.
4. - Se uno, trovando in un bosco un bove,
lo uccide e ne asporta la carne, abbia la mano tagliata.
5. - Se uno tende una tagliola al
tempo delle frutta e vi incappa un cane od un maiale, il proprietario della
tagliola sia senza responsabilità (non è obbligato al risarcimento del danno).
6. - Se un animale irrita, rende
furioso o provoca un altro animale e da ciò nasce che uno dei due muore o càpita qualche danno ad un altro animale che perde qualche
cosa in seguito alla lotta fra i due animali, il proprietario dell'animale
provocatore è obbligato al risarcimento.
7. - Se un animale s'avanza per battersi contro un altro
animale e l'attaccante muore, non si concede azione di danni. Ma, se muore
l'altro, il proprietario di questo intenti la lite al proprietario dell' animale che ha
attaccato per primo ed abbia o l'animale che ha iniziato la lotta in cambio
dell'altro o altr:imenti un
compenso equivalente per il danno patito.
8. - Se due
cani si azzuffano e il proprietario dell' uno
colpisce l'altro con la spada, con un
bastone o con un sasso e avvenga che il cane rimanga cieco o muoia per questa
ferita o abbia qualunque altro male, costui risarcisca il danno al proprietario.
9. - Se uno, avendo un cane forte e che morde i suoi
simili, aizza questo cane robusto contro uno più debole e se avviene che questo
sia ferito a morsi o che muoia, costui risarcisca il suo padrone ed abbia anche
12 colpi di frusta.
l0. - Se uno uccide un cane da
pastore e non ne dà avviso (all'interessato) se poi
accade un attacco di bestie feroci contro la mandria ed in seguito si scopra
l'uccisore del cane, egli deve rifondere tutta la perdita del bestiame insieme
con quella del cane.
11. - Chi uccide mediante somministrazione di veleno il
cane di una mandria, abbia cento colpi di staffile e paghi il doppio del valore
del cane al proprietario: ma, se ne avvenga anche la perdita della mandria,
l'uccisore del cane rifonda tutto il danno come autore della perdita dovuta
alla mancata guardia del cane, e se è dimostrato che il cane era capace di
battersi contro le bestie feroci, sia come detto sopra. Se però il cane è un
cane qualunque e senza importanza, l'uccisore, dopo essere stnto
fiagellato, paghi il prezzo del cane soltanto in
misura semplice.
12. - Chi distrugge, sotto qualsiasi pretesto, un animale
altrui, se scoperto, rifonda il danno al proprietario.
TITOLO VII
DEGLI ALBERI
1. - Se un albero è stato piantato da uno in un terreno
non diviso e, dopo fatta la divisione, esso è toccato alla parte di un altro,
questi non abbia la proprietà dell' albero, ma l'abbia
solo chi lo ha piantato. Ma se il proprietario del terreno si lamenti di esser trattato senza giustizia a causa di questo
fatto, dia un albero a chi lo piantò e si tenga intero il primo.
2. - Se un albero è sul confine di un terreno e ci sia là accanto un giardino aduggiato dall' ombra di quest'albero, il suo proprietario ne tagli i rame
sporgenti, ma, se non vi è giardino, i rami non debbono esser tagliati.
3. - Se uno, avendo una vertenza non giudiziaria con un
altro, taglia una vigna o un altro albero fruttifero simile abbia tagliato le
mani.
4. - Chi taglia viti altrui cariche di frutti o le
sradica, abbia tagliato le mani e risarcisca il danno.
5 - Chi taglia gli alberi e specialmente le viti è punito
come un ladro di strada. Si chiamano pure alberi la vite, l'edera, la canna e
il salice; ma quello che non è ancora attaccato (al suolo) per mezzo di radici
non è albero, nè quello a cui sono
state tolte le barbe e che resta ancora in piedi; ma, se anche senza radici può
attecchire alla stessa guisa dell'olivo, si chiama albero: e se uno li taglia è
obbligato a pagarne il prezzo intero.
6. - Si nota che
non solo chi taglia di sua mano gli alberi è condannato ma anche chi dà questo
incarico ada uno schiavo o ad un terzo, è condannato
in misura doppia (al risarcimento del danno).
TITOLO VIII
DELL' INCENDIO.
1. - Se uno accenda un fuoco
vicino a un bosco o in un campo e avvenga che il fuoco si estenda e che bruci
case o campi pieni di frutti è assolto se ha fatto ciò quando non tirava vento
forte (nella loro direzione).
2. - Chi brucia un tetto altrui o taglia alberi di un
altro abbia il marchio impresso sulle sue mani e risarcisca i danni.
3. - Chi dà fuoco alla chiudenda di una vigna, dopo essei'e stato flagellato, abbia il marchio sulla sua mano e
sia condannato a pagare il doppio del danno.
4. - Chi, per
vendicarsi dei propri nemici, getta il fuoco in un aia
o in una catasta, sia arso vivo.
5°. - Coloro,
che gettano fuoco in una capanna di fieno o di paglia, abbian
tagliate le mani.
6. - Chi dà fuoco ad una massa di
grano o ad un edificio destinato al grano contiguo ad altro locale addetto
alla villa, quando venga identificato, sia flagellato e poi arso vivo, ma, se
ha commesso questo fatto lontano dalla casa, abbia tagliato le mani.
TITOLO IX
DEGLI SCHIAVI
1 - Se uno schiavo uccide un bove, una
pecora o un porco in un bosco, il suo proprietario deve restituire un animale
uguale a quello ucciso.
2. - Se uno schiavo, volendo rubarle durante la notte, fa
fuggire dal branco le pecore ed esse si perdono o diventano preda di animali feroci, sia impiccato come un assassino.
3 - Se lo schiavo d'uno ruba
spesso durante la notte o fa sbranare una mandria, il suo padrone pagherà ciò
che va perduto, come se conoscesse il delitto dello schiavo, e lo schiavo sarà
impiccato
4. Affidando ad uno schiavo in custodia delle bestie all' insaputa del suo padrone, se in seguito lo schiavo le
vende od in qualunque altro modo le perde, lo schiavo sia esente da pena e
cosi pure il suo padrone.
5. Se, col consenso
del padrone, uno schiavo riceve in consegna alcune pecore, e se le mangia o in
altro modo le perde, il padrone dello scbiavo
indennizzerà il proprietario delle pecore.
TITOLO X
COSTRUZIONI E PIANTAGIONI NUOVE.
1. - Se un agricoltore fabbrica una casa o pianta una
vigna su di un appezzamento nudo altrui e se dopo si fa vivo il proprietario
del terreno, questi non ha diritto di distruggere la casa o di sbarbare la
vigna, ma abbia un altro terreno dove meglio preferisce: ma se colui, che ha
costruito o piantato in quello di un altro, si opponga e non voglia dare un
altro appezzamento in cambio di quello occupato, il proprietario del primo
terreno abbia il diritto di rimovere la costruzione e
di sbarbare la vigna.
2. - Chi fabbrica su terreno altrui o vi pianta o vi
semina o vi fa un altro lavoro sia cacciato via dalla proprietà, nè abbia compenso per le spese fattevi.
3. - Chi pianta su terreno altrui perde questo e anche le
piante.
4. - Quelli che distruggono le case altrui senza averne
diritto o disfanno le siepi per racconciare o
costruire la loro, abbian tagliate le mani.
5. - Se qualcuno costruisce su la proprietà atltrui con dei propri materiali una casa, il padrone del
terreno diventerà proprietario della casa per la norma che dice che ciò che è
sopra, accede a quel che è sotto; dunque il padrone del terreno avrà la
proprietà definitiva del materiale non avendo il costruttore della casa azione
giudiziaria per le spese del materiale.
6. - Se un abitante d'un villaggio, (proprietario per mir o condominio collettivo) vede un terreno
adatto per edificarvi un molino, e ve lo costruisce, e subito dopo il
compimento dell' opera, la comunità del villaggio
reclama contro il proprietario dell' edificio, come contro colui che si è fatto
proprio un appezzamento comune (collettivo) che gli sian
rimborsate le spese tutte occorse e tutti gli abitanti abbian
la proprietà in comune con quello che ha costruito l'edificio.
7. - Se la
terra (collettiva) del villaggio è stata divisa e uno ritiene che nella parte a
lui toccata c'è un appezzamento adatto per un molino e lo faccia, gli
agricoltori delle altre parti non han diritto di
lamentarsi a proposito di questo molino.
8. - Se l'acqua del
molino, nel defluire, devasta le coltivazioni o le vigne, il padrone del molino
deve risarcire il danno di esse; se non lo fa, il molino
sia chiuso.
9. - Se i proprietari delle coltivazioni non vogliono che
la gora (canale) del molino
passi sul loro, ne hanno il diritto (possono
impedirlo).
10. - Chi entra di forza sul campo altrui e da parte sua o
da parte dell'avversario venga ucciso qualcuno, abbia
tagliata la testa come omicida.
11. - Chi ritiene che un campo o un' altra cosa posseduta
da un altro appartenga a sè, si rivolga ai giudici:
ma se usa violenza, non avrà la cosa e sarà sottoposto a giudizio.
Ma se
anziché ricorrere al tribunale, entra per forza, sarà sfrattato dal possesso e
condannato (al risarcimento del danno) e, a causa della sua violenza, sarà
inoltre sfrattato pure dai propri beni.
FINE
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